A cura di CSVNET
Premessa
Il presente lavoro ha l’obiettivo di supportare gli enti che esercitano la propria attività attraverso i propri volontari, nel contesto di emergenza a causa della diffusione del virus COVID -19, al fine di orientarsi rispetto alla legislazione ed ai provvedimenti d’urgenza che in questi giorni (ed in queste ore) sono adottati, modificati e/o superati.
Si cercherà dunque di offrire una serie di elementi utili a conoscere le facoltà ed i limiti di operatività dei volontari, alla data del 16.03.2020, pur nella consapevolezza che il quadro potrà essere suscettibile di eventuali mutamenti.
Il quadro normativo nel contesto dell’emergenza Coronavirus
L’emergenza derivante dalla diffusione del virus COVID-19, comunemente noto come Coronavirus, ha reso necessaria l’adozione di provvedimenti sempre più limitativi delle attività che comportano la circolazione e il contatto tra le persone.
Nel presente lavoro si propone una sintesi degli atti emanati funzionali a fornire le necessarie indicazioni per il volontariato, senza pretesa di esaustività su altri fronti (ad oggi, oltre a leggi e decreti presidenziali, sono numerosi anche gli atti ministeriali – es. trasporti -, le circolari ecc.)
Le disposizioni – il primo decreto risale al 23.02.2020 – inizialmente previste unicamente per i comuni e le aree in cui fosse risultata positiva almeno una persona, sono state successivamente estese a tutto il territorio nazionale.
Di particolare rilievo le prime misure relative alla sospensione dei servizi educativi dell’infanzia e delle scuole di ogni ordine e grado, nonché della frequenza delle attività scolastiche e di formazione superiore, compresa quella universitaria, salvo le attività formative svolte a distanza, cui sono seguite quelle di chiusura dei luoghi culturali (musei, cinema, teatri), nonché la sospensione di eventi e competizioni sportive, le manifestazioni organizzate, la raccomandazione per i datori di lavoro di promuovere il lavoro agile nonché la fruizione di periodi di congedo ordinario e ferie.
Tra le norme più significative rileva il DPCM dell’8.03.2020, che ha disposto nell’ambito delle zone indicate (nella regione Lombardia e nelle province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio nell’Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso e Venezia) la limitazione degli spostamenti delle persone fisiche salvo quelli dovuti a comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute; viene comunque consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza.
Nel medesimo provvedimento sono altresì fissate ulteriori limitazioni volte a ridurre la circolazione delle persone, tra cui, il divieto per i soggetti risultati positivi ovvero sottoposti alla misura di quarantena di allontanarsi dalla propria abitazione.
Successivamente, misure ancora più restrittive aventi ad oggetto l’intero territorio nazionale sono introdotte dal DPCM del 9.03.2020 (Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19).
Oltre a confermare le previsioni di cui ai decreti precedenti, all’art. 2 viene esplicitamente vietata ogni forma di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico e vengono comunque mantenute le limitazioni di circolazione previste dai decreti emanati in precedenza.
Con l’adozione del D.L. 9 marzo 2020, n. 14 sono state adottate disposizioni urgenti per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale in relazione all’emergenza COVID-19, che saranno oggetto di approfondimento nel prossimo paragrafo, rispetto agli effetti di tale provvedimento sul volontariato.
Ulteriori restrizioni sono poi state consolidate dal DPCM dell’11 marzo 2020, con la sospensione “delle attività commerciali al dettaglio, fatta eccezione per attività di vendita di generi alimentari di prima necessità (…)” mantenendo l’apertura per “le edicole, i tabaccai, le farmacie, le parafarmacie. Deve essere in ogni caso garantita la distanza di sicurezza interpersonale di un metro”.
Sono altresì sospese, sempre ai sensi del medesimo provvedimento, le attività di servizio di ristorazione (bar, gelaterie, pasticcerie), fatte salve le attività di mensa e catering, purché sia garantita la distanza di sicurezza interpersonale di un metro.
Come si vedrà più oltre, viene decretata la sospensione di una serie di attività, tra le quali le attività inerenti i servizi alla persona per quanto concerne la sfera meramente personale ed estetica (fra cui parrucchieri, barbieri, estetisti).
Limitazioni, divieti generali e raccomandazioni, sospensioni e chiusure
Le misure di contenimento indicate dalla normativa adottata in via urgente allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19 sono attualmente estese all’intero territorio nazionale.
Le misure sono trasversali e possono essere suddivise in due tipologie: quelle generali da applicarsi a qualunque persona fisica presente sul suolo italiano e quelle specifiche per categorie di soggetti, attività, eventi.
Nella prima tipologia, la misura più incisiva riguarda la richiesta di “evitare ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dai territori di cui al presente articolo, nonché all’interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute” (art. 1 lett. a) DPCM 8.03.20).
Queste regole si applicano sia agli spostamenti da un comune ad un altro, sia agli spostamenti all’interno di uno stesso comune, ivi compresa quella concernente il conseguente rientro presso la propria abitazione (v. Circolare Min. Interno del 12.03.20).
Altresì si collocano le misure igienico-sanitarie, previste dall’allegato 1 del DPCM 8.03.2020:
a) lavarsi spesso le mani. Si raccomanda di mettere a disposizione in tutti i locali pubblici, palestre, supermercati, farmacie e altri luoghi di aggregazione, soluzioni idroalcoliche per il lavaggio delle mani;
b) evitare il contatto ravvicinato con persone che soffrono di infezioni respiratorie acute;
c) evitare abbracci e strette di mano;
d) mantenimento, nei contatti sociali, di una distanza interpersonale di almeno un metro;
e) igiene respiratoria (starnutire e/o tossire in un fazzoletto evitando il contatto delle mani con le secrezioni respiratorie);
f) evitare l’uso promiscuo di bottiglie e bicchieri, in particolare durante l’attività sportiva;
g) non toccarsi occhi, naso e bocca con le mani;
h) coprirsi bocca e naso se si starnutisce o tossisce;
i) non prendere farmaci antivirali e antibiotici, a meno che siano prescritti dal medico;
l) pulire le superfici con disinfettanti a base di cloro o alcol;
m) usare la mascherina solo se si sospetta di essere malati o se si presta assistenza a persone malate.
Nella seconda categoria, si collocano tutte le norme che dispongono chiusura di esercizi commerciali, limitazione alle attività produttive, sospensione di determinate attività; si veda ad esempio la sospensione delle attività commerciali al dettaglio, fatta eccezione per le attività di vendita di generi alimentari e di prima necessità individuate (v. elenco nell’allegato 1 al DPCM 11.03.2020 delle attività commerciali al dettaglio non oggetto di chiusura), sia nell’ambito degli esercizi commerciali di vicinato, sia nell’ambito della media e grande distribuzione.
A ciò si aggiungono le raccomandazioni rivolte dal DPCM 11.03.2020, per cui è richiesto alle attività produttive ed alle attività professionali che:
– assumano protocolli di sicurezza anti-contagio e, laddove non fosse possibile rispettare la distanza interpersonale di un metro come principale misura di contenimento, con adozione di strumenti di protezione individuale (vd. art. 1, lett. d);
– siano incentivate le operazioni di sanificazione dei luoghi di lavoro, anche utilizzando a tal fine forme di ammortizzatori sociali (vd. art. 1, lett. e).
Con Circolare Min. Interno del 12.03.20 è stato ribadito che “in tutti i casi in cui è consentito lo svolgimento delle attività deve essere comunque garantita la distanza di sicurezza interpersonale di un metro”.
Allo stato attuale, dal complesso dei provvedimenti emanati per far fronte all’emergenza del COVID-19, si evidenziano i seguenti elementi:
• Obbligo di mantenere distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro.
• Divieto di ogni spostamento delle persone fisiche salvo che per comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute.
• Promozione del lavoro agile e, qualora ciò non sia possibile, la promozione da parte dei datori di lavoro di periodi di congedo ordinario e di ferie.
• È previsto che chi effettui spostamenti per i motivi ammessi nel decreto debba essere in possesso di modulo di autocertificazione debitamente compilato.
Focus: le attività di volontariato nell’emergenza COVID-19
Si procede ora a valutare l’impatto che il quadro normativo emergenziale, sopra sinteticamente delineato, ha nei confronti del volontariato, sia in riferimento agli Enti che operano (anche) attraverso propri volontari, sia in relazione ai volontari stessi; si pongono quindi in evidenza quali misure, divieti, limiti e raccomandazione in questa fase delicata della vita del paese sia necessario adottare e rispettare.
La disapplicazione del regime di incompatibilità tra lo status di volontario e quello di lavoratore
Dalle ragioni di urgenze e di emergenza è scaturita una novità molto significativa in tema di volontariato, la cui portata induce ad una riflessione profonda sul senso del volontariato (per un approfondimento in tale prospettiva si rimanda a Luca Gori “Coronavirus e Volontariato. Una riflessione da aprire” su Vita non profit).
Il governo con l’adozione del D.L. 9 marzo 2020, n. 14 ha espressamente previsto che “per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, per il periodo della durata emergenziale, come stabilito dalla delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, non si applica il regime di incompatibilità di cui all’articolo 17, comma 5, del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117”.
La norma richiamata è la previsione del Codice del Terzo settore per cui “la qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l’ente di cui il volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività volontaria”.
Si tratta di uno dei principi cardine del volontariato, già implicitamente affermato dalla legge quadro del ’91 (legge 266/1991 ora abrogata dal Codice del Terzo settore D. Lgs. 117/2017) per cui il volontario opera in modo “personale, spontaneo e gratuito” in una finalizzazione solidaristica della propria attività, ed ulteriormente rafforzato dalla Riforma del Terzo settore proprio con l’art. 17 del Codice del Terzo settore.
Inoltre il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, con nota direttoriale n. 2088 del 27 febbraio 2020, recentemente è intervenuto proprio sull’art. 17, comma 5, confermando come tale disposizione faccia riferimento a “qualsiasi rapporto di lavoro” e riguardi la figura del volontario in generale, escludendo distinzioni fra il “volontario stabile” e il “volontario occasionale”. Ciò è motivato dalla necessità di valorizzare la libera scelta del volontario nonché di assicurare la necessaria tutela del lavoratore da possibili abusi legati ad attività che non rispondono alle caratteristiche dell’azione volontaria.
La disapplicazione disposta dal decreto-legge determina un duplice effetto:
a) consente che soggetti qualificati dalla legge come volontari, possano intrattenere anche rapporti di lavoro di qualsiasi tipo con l’ente nel quale svolgono la propria attività (ad es., un medico volontario in una associazione di volontariato che viene contrattualizzato);
b) consente che un lavoratore possa anche svolgere attività di volontariato, in qualità di volontario, nell’ente nel quale lavora (ad es., il medico dipendente che svolge anche attività di volontariato nella propria associazione).
È opportuno evidenziare come la deroga all’art. 17, comma 5 del Codice non apra in alcun modo alla possibilità che un volontario, in quanto tale, possa essere retribuito.
Gli enti devono pertanto procedere a contrattualizzare i propri volontari, così da poter erogare loro una retribuzione per la relativa parte di lavoro svolto. In tal senso è di tutta evidenza la ratio della norma di attribuire agli Enti la facoltà di sopperire a eventuali carenze di personale istituendo rapporti lavorativi con eventuali volontari, che presentano idoneità e capacità all’attività a cui sono preposti.
La norma disapplicata, ad oggi, è senz’altro recepibile da enti con qualifica di OdV e APS, ma di fatto è applicabile alla generalità degli enti ed in ogni ambito di attività di interesse generale
Il periodo emergenziale per il quale è ammessa questa deroga copre l’arco di sei mesi, ai sensi della delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, che ha dichiarato lo stato di emergenza, ossia fino alla data del 31 luglio 2020; durata dell’emergenza che potrà essere prorogata.
Altra disciplina giuridica è quella applicabile ai volontari inseriti nel sistema della protezione civile ai sensi del Codice della protezione civile di cui al D. Lgs 2 gennaio 2018, n. 1 (per i volontari della protezione civile si veda oltre).
Il diritto e la facoltà di esercitare le attività di volontariato durante lo stato di emergenza
Rispetto al quadro sopra delineato, è opportuno subito chiarire che le attività di volontariato non sono, in linea generale, tra le attività sospese o per le quali siano previste chiusure dai DPCM 8, 9 e 11 marzo 2020. Per comprendere se le attività di volontariato siano tra quelle sospese è necessario valutare l’oggetto.
Certamente per alcuni ambiti di volontariato di carattere sportivo, culturale e ricreativo vale il divieto di cui all’art. 1 lett g) DPCM 9.03.20, per cui “sono sospese tutte le manifestazioni organizzate, nonché gli eventi in luogo pubblico o privato, ivi compresi quelli di carattere culturale, ludico, sportivo, religioso e fieristico, anche se svolti in luoghi chiusi ma aperti al pubblico, quali, a titolo d’esempio, grandi eventi, cinema, teatri, pub, scuole di ballo, sale giochi, sale scommesse e sale bingo, discoteche e locali assimilati; nei predetti luoghi è sospesa ogni attività”.
Il governo ha ulteriormente chiarito, tramite le FAQ al “Decreto #IoRestoaCasa” che la sospensione concerne “soltanto le attività dei servizi diurni con finalità meramente ludico ricreative o di socializzazione o animazione che non costituiscono servizi pubblici essenziali”.
Ad oggi in questa emergenza, fatta salva una eventuale normativa specifica sul volontariato come richiesta da più fronti, appare necessario che l’Ente e/o il volontario valutino il tipo di attività che il volontario svolge, singolarmente o all’interno della propria organizzazione, alla luce del divieto generale di spostamento, per cui è ammessa deroga nei limiti dello stato di necessità.
Sempre la Circolare Min. Interno del 12.03.20 circoscrive lo stato di necessità affermando che “Per quanto riguarda le situazioni di necessità, si specifica che gli spostamenti sono consentiti per comprovate esigenze primarie non rinviabili, come ad esempio per l’approvvigionamento alimentare, o per la gestione quotidiana degli animali domestici, o svolgere attività sportiva e motoria all’aperto, rispettando la distanza interpersonale di almeno un metro”.
Nel quadro normativo dello stato emergenziale e fatte le opportune valutazioni in termini di proporzionalità e ragionevolezza, è dunque legittima l’azione del volontario che, proprio in ragione della dimensione solidaristica, opera a favore di situazioni di particolare bisogno, per soddisfare esigenze primarie non rinviabili; è dunque possibile ammettere, a titolo esemplificativo, l’esercizio dell’azione del volontario che opera nel campo del trasporto sociale (es. dell’anziano solo per una visita medica indifferibile); la distribuzione di generei alimentari (es. mense per i senza fissa dimora) o di farmaci, ossia quelle azioni volontarie riferite a soggetti con un effettivo e immediato bisogno (necessità) non in altro modo autonomo soddisfabili (esigenze primarie non rinviabili).
L’esercizio di questa attività dovrà essere svolto sulla base di un effettivo stato di necessità, che deve comunque essere provato, anche mediante autodichiarazione (che potrà essere resa su moduli prestampati già in dotazione alle forze di polizia statali e locali); con il mantenimento della distanza di sicurezza di un metro; laddove possibile, non prescindendo dalle accortezze igienico sanitarie sopra illustrate.
Nel modello di autodichiarazione sarà necessario indicare tra le motivazioni dello spostamento lo stato di necessità (barrando l’apposita casella) e più oltre, dove è richiesta l’esplicitazione della motivazione indicata, descrivere l’attività svolta (ad es. consegna di generi alimentari al domicilio di anziano solo e impossibilitato).
Potrebbe altresì rivelarsi utile (ma non indispensabile) il possesso da parte del volontario di una attestazione dell’organizzazione di appartenenza che dia certezza della sua qualifica di volontario.
Le attività sospese ai sensi del DPCM 11.03.2020
In questi giorni molto delicati, ha creato qualche dubbio interpretativo la sospensione disposta dal DPCM 11.03.20 delle “attività inerenti i servizi alla persona”.
Per quanto riguarda quei soggetti, enti senza scopo di lucro (ad es. associazioni) che operano nel campo assistenziale, si conferma che i servizi alla persona intesi nell’ambito di forme di assistenza sociale da essi erogati, non rientrano tra quelli sospesi dal citato DPCM (vd. art. 1 n. 3).
Infatti la previsione sospensiva del DPCM riguarda le attività inerenti i servizi alla persona riconducibili a quelle attività da considerarsi legate alla persona fisica intesa nella sua corporeità, nella gestione del suo corpo, nella sua dimensione estetica, tanto che a titolo esemplificativo lo stesso provvedimento cita parrucchieri, barbieri ed estetisti. E, sempre in questa accezione, il provvedimento non sospende le attività di: lavanderia e pulitura di articoli tessili e pelliccia, le attività delle lavanderie industriali, le altre lavanderie, tintorie; servizi di pompe funebri e attività connesse.
Tra le attività sospese non sono ricomprese invece le attività più propriamente definite di “assistenza sociale”, che normativamente sono definite quali attività socioassistenziali o sociosanitarie e che hanno come destinatari soggetti ben identificati, collettivi o specifici, portatori di bisogni e collocabili all’interno di un contesto di welfare assistenziale.
In particolare, per meglio chiarire il concetto di attività (si ribadisce da intendersi non sospese) di tipo assistenziale è opportuno fare riferimento all’assistenza sociale previste dall’art. 38 della Costituzione ed alla definizione di servizi sociali di cui all’art. 128, comma 2, del D. Lgs. 112/1998 che li definisce come: “… tutte le attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario, nonché quelle assicurate in sede di amministrazione della giustizia”.
L’insieme delle attività riconducibili a questa definizione di servizio sociale, anche se sovente denominate “servizi alla persona” in un contesto di carattere sociologico, non rientra tra le attività sospese dal DPCM in esame.
Le attività non sospese: limiti e divieti nell’esercizio
Tutte le attività che il volontario pone in essere assicurando servizi strumentali al diritto alla salute o altri diritti fondamentali della persona (alimentazione, igiene, accesso a prestazioni specialistiche ecc.), possono dunque legittimamente essere svolte (sul punto si veda la conferma da parte del Governo mediante FAQ governo “Decreto IoRestoaCasa, domande frequenti sulle misure adottate dal Governo” del 15 Marzo 2020, di seguito FAQ governo 15 Marzo 2020).
Queste attività infatti presuppongono lo stato di necessità che giustifica lo spostamento e in ogni caso devono essere svolte garantendo “condizioni strutturali e organizzative che consentano il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di un metro”.
In tale ottica, sempre il governo in risposta ai quesiti sottoposti, ha confermato che le associazioni di volontariato che somministrano pasti o servizi alle fasce di popolazione debole, possono continuare ad erogare i loro servizi purché garantiscano la distanza di sicurezza inter personale di un metro (v. FAQ governo 15 Marzo 2020).
Nelle delucidazioni governative è richiamato anche ai casi dei “servizi sociali svolti da organizzazioni di volontariato anche in convenzione con Enti locali a favore di persone impossibilitate a muoversi dal proprio domicilio che comportano lo spostamento dei volontari sia all’interno del proprio Comune e a volte anche in comuni limitrofi. Si tratta di servizi di distribuzione alimentare a domicilio per disabili o anziani senza assistenza oppure di consegna di farmaci o altri generi di prima necessità, o anche del disbrigo di pratiche o del pagamento di bollette. Sono servizi che spesso vengono svolti in accordo con gli assistenti sociali di riferimento e quindi inderogabilmente necessari per la salute e la soddisfazione di bisogni primari degli utenti”. In risposta il governo chiarisce che si tratta di attività/servizi “necessari”, per i quali è consentito ai volontari di muoversi senza incorrere in sanzioni e senza interrompere l’attività, con l’accortezza di mantenere la distanza interpersonale di 1 metro dagli altri operatori e dagli utenti, o, comunque, utilizzando i presidi sanitari necessari, ove questo non sia possibile.
Il volontariato di protezione civile
In un contesto di emergenza delicatissimo da gestire sul territorio, è stata coinvolta primariamente la protezione civile. Senza entrare nel merito di organizzazione e articolazione del sistema di protezione civile (normativa nazionale e regionale di riferimento), si evidenziano in questo lavoro, le attività attribuite ai volontari della protezione civile, sulla base delle indicazioni che ad oggi sono state declinate a livello regionale dalla Regione Lombardia, ad oggi la più colpita per numero di contagi e ricoveri ospedalieri, attualmente poi seguite dalla maggior parte delle regione, ciascuna con il proprio sistema territoriale.
Con provvedimento della Protezione Civile Regione Lombardia (del 9.03.20) sono state dettate le disposizioni per l’impiego del volontariato organizzato di Protezione Civile in relazione all’emergenza Covid-19.
Nell’ambito dei Centri Operativo Comunale (COC), i volontari di protezione civile, oltre alle consuete attività di supporto alla struttura comunale, nella gestione degli aspetti logistici e amministrativi e delle TLC, possono svolgere ulteriori attività, con le prescrizioni indicate, condivise e concordate per gli aspetti sanitari di prevenzione con i referenti sanitari dell’unità di crisi regionale:
– supporto ai soggetti “fragili”, noti ai servizi sociali comunali, o comunicati ai Sindaci dalle ATS, che non manifestano sintomi del Covid-19, attività che può essere svolta senza nessuna misura di protezione individuale, mantenendo tutte le precauzioni di cui al DPCM 8.03.20;
– supporto ai soggetti in quarantena presso la propria abitazione, ma non positivi al Covid-19, attività che può essere svolta senza l’utilizzo precauzionale di DPI, mantenendo tutte le precauzioni di cui al DPCM 8.03.20, fatto salvo che il soggetto in quarantena indossi idonei DPI. Altrimenti si fa riferimento al caso seguente;
– supporto ai soggetti positivi al Covid-19 ed isolati presso il proprio domicilio, attività che deve essere necessariamente svolta con l’utilizzo precauzionale di DPI, mantenendo tutte le precauzioni di cui al DPCM 8.03.20.
Il supporto così regolato riguarda le seguenti attività:
• la consegna di generi alimentari a domicilio
• la consegna di medicinali, di DPI forniti dal soggetto sanitario competente
• la consegna di altri beni di prima necessità.
In caso di ulteriori necessità di Volontari, non gestibili con le risorse a disposizione, il Sindaco potrà rivolgersi alla struttura provinciale di protezione civile.
Le necessità di coordinamento con le figure istituzionali di riferimento per il volontariato sul territorio: prefetti e sindaci
Il governo ha evidenziato (FAQ governo “Decreto IoRestoaCasa, domande frequenti sulle misure adottate dal Governo” del 15 Marzo 2020, di seguito FAQ governo15 Marzo 2020) l’assoluta opportunità che le attività svolte dai volontari, con modalità e limiti sopra indicati, siano “sottoposte a coordinamento da parte dei servizi sociali pubblici territoriali”.
Tale indicazione non deve essere sottovalutata, poiché risponde alla ratio di organizzare al meglio gli interventi e distribuirli, nel limite del possibile, capillarmente sul territorio; non si tratta di disposizione precettiva che istituisce obbligo, ma indica l’opportunità di individuare momenti di coordinamento sui territori comunali che in questa fase possono essere attribuiti ai Comuni, soprattutto in ragione della titolarità in capo a questi, costituzionalmente sancita, della funzione amministrativa propria in tema di servizi sociali, materia che più di ogni altra si riferisce ad una risposta alle fragilità, agli ultimi.
A titolo esemplificativo, proprio la Prefettura di Padova ha sottoposto all’attenzione dei comuni della provincia, la disponibilità di diverse associazioni ad offrire sul territorio “forme di assistenza a persona anziane o impossibilitate a provvedere ai bisogni quotidiani”.
Il Prefetto ha richiamato i servizi sociali dei comuni a coordinare la disponibilità di associazioni o soggetti a livello comunale (v. lettera Prefetto di Padova ai sindaci dei comuni della provincia del 12.03.20, avente ad oggetto “iniziative a sostegno delle fasce deboli”).
In tal senso, considerato lo stato di estrema difficoltà, è comunque consigliabile almeno dare comunicazione al Sindaco/Assessorato ai servizi sociali del comune dell’attività svolta dall’Ente.
Diverso il ruolo dei sindaci rispetto ai volontari della protezione civile: il Sindaco nella sua qualità di autorità di Protezione Civile, potrà attivare i volontari del proprio Gruppo Comunale o di Associazioni di Protezione Civile convenzionate per lo svolgimento delle attività istituzionali di protezione civile nonché per quelle di supporto nella fase emergenziale, così come sopra descritte.