Ecco una lettera di Alberto Campari, presidente del Gaom (Gruppo Amici Ospedali Missionari), in cui l’associazione annuncia la sospensione temporanea delle attività dei volontari in Africa a causa delle emergenze sanitarie e politiche in Etiopia.
Cari amici, mentre il nostro Paese sta camminando verso un lento ritorno alla normalità, dopo la pandemia che ha colpito l’intero continente, l’emergenza si è spostata verso i Paesi africani e del Sud America.
Per questo motivo il direttivo GAOM ha deciso di sospendere l’invio di volontari fino a quando la situazione sanitaria e politica lo permetteranno.
In Etiopia i casi riconosciuti di infezione al coronavirus, stanno aumentando anche se tutto sembra circoscritto alla capitale, Addis Ababa e dintorni. Ma è palese, che in una società nella quale la comunicazione e i mezzi a disposizione sono scarsi, è impossibile constatare realmente la situazione.
Nonostante più un mese fa il governo abbia deciso di chiudere le scuole e le attività pubbliche, la gente continua a camminare nelle strade delle città e soprattutto, a frequentare il mercato, cuore pulsante della vita africana.
È infatti questo il luogo in cui i poveri possono vendere le loro poche cose e acquistare i beni di prima necessità.
Anche il poliambulatorio di Shashemene costruito da GAOM ha sospeso l’attività, salvo per i casi urgenti.
A Casa Famiglia i nostri ragazzi non escono dalla struttura. I più grandi fanno scuola ai più piccoli e coltivano la terra, sfruttando le piccole piogge che, anche se in ritardo, sono finalmente arrivate. Le suore del De Foucauld, dopo aver sospeso nel mese di aprile ogni attività ai poveri, seguendo l’ordine e generale pervenuto da casa Madre, hanno ripreso lentamente il loro sostegno a donne e bambini dello slum, riservando un unico accesso alla struttura e accogliendo una persona per volta.
Ma per poter affrontare il pericolo di contagio, il GAOM, in collaborazione con le suore del De Foucauld e con il personale del poliambulatorio, ha attivato due importanti progetti: la realizzazione delle mascherine e del disinfettante.
Le prime vengono fatte nei nostri villaggi per lebbrosi, da un ex malato di lebbra e da una figlia di lebbrosi.
Il secondo viene invece realizzato nel poliambulatorio dai medici locali, grazie alla collaborazione dell’Ospedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia. Dalla farmacia del nosocomio reggiano, è stata fornita la ricetta per realizzare il disinfettante.
Piccoli ma importanti segni di speranza. Di una società, quella etiope, che anche se fra tante fatiche, sta crescendo.
Alberto Campari