Il 4 maggio, Gazzetta di Reggio ha pubblicato la lettera che Simonetta Cavalieri, presidente di AIMA – Associazione Italiana Malattia Alzheimer di Reggio Emilia, ha inviato in risposta all’appello del Vescovo Camisasca per immaginare come vorremmo la città dopo questo momento di crisi.
La riportiamo qui a seguire:
Raccogliamo volentieri la sollecitazione del nostro Vescovo, così come altri hanno fatto, per immaginare come vorremmo la nostra città dopo il Coronavirus per rispondere ai bisogni di coloro di cui ci prendiamo cura: le persone con demenza e i loro familiari.
Alcuni numeri: nella nostra Provincia si stima che siano 10.000 le persone con demenza, il che significa moltiplicare per due, per tre i nuclei familiari sofferenti a causa di questa patologia, perché ci sono i coniugi, ma anche le famiglie dei figli e dei nipoti. Dagli ultimi dati ufficiali della nostra Regione, nel 2017 sono state comunicate 1.695 nuove diagnosi e 790 persone hanno ricevuto una diagnosi a rischio di evoluzione in questo senso.
Stiamo parlando di Ennio, che urla e si oppone appena sente parlare della doccia, di Isa che quando scende la sera vuole andare a casa, perché deve dare da mangiare ai suoi bambini, di Paola che infila la porta appena può col rischio di perdersi poco dopo…
Stiamo parlando dei loro familiari che si trovano a ripetere infinite volte le risposte alle stesse domande, a vigilare costantemente su quello che fanno, che mangiano; dei figli che si trovano ad accudire i genitori come fossero i loro bambini; dei coniugi che devono rinunciare alla reciprocità, alla complicità e alla solidarietà della coppia. Stiamo parlando della solitudine, dell’isolamento in cui spesso tutto questo avviene.
Dal 1997, tra le altre finalità, e in stretta integrazione con le Istituzioni, ci siamo proposti di difendere la dignità delle persone con demenza, di sostenere i loro familiari e di creare cultura sulla malattia per realizzare una comunità accogliente e inclusiva. Lo abbiamo fatto con progetti e attività, sia di sostegno per i familiari, sia di socializzazione e stimolazione cognitiva per le persone con demenza (www.aimareggioemilia.it).
In questi anni siamo felici di aver contribuito ad un cambiamento culturale che sta mettendo le basi per una comprensione della malattia e della rivoluzione a cui è sottoposta la famiglia della persona con demenza. Non è facile stare al fianco di una persona che, a causa della sua malattia, ci pone di fronte a un’esperienza di inadeguatezza, di impotenza, di impossibilità di comprensione, se non ci si lascia andare ad accettare di condividerne la peculiare visione della realtà. Se si accetta questo, si può sperimentare come sia tuttavia ancora possibile comprendersi, sentirsi insieme e trascorrere momenti piacevoli. È a questo cambiamento culturale che tendiamo con tutte le nostre azioni: vogliamo rompere lo stigma, superare la paura di ciò che non si conosce, sperimentare un modo ancora ricco e pieno di stare insieme. Se tanta strada è stata fatta, ci resta ancora tanto cammino da compiere.
In molte occasioni abbiamo sentito ripetere che “niente potrà, né dovrà più essere come prima”. Siamo stati invitati a usare questo tempo sospeso per un approfondimento interiore e per un ripensamento dei valori su cui abbiamo basato la nostra vita e la nostra economia “prima del virus”.
L’appello del Vescovo ci richiama a porre attenzione a che i pensieri del “tempo della cura” non siano solo un modo consolatorio di reagire al momento presente, ma vengano a far parte della nostra visione delle relazioni; a non disperdere la ricchezza dell’esperienza che abbiamo fatto in questi giorni; a ricordarci della passione con cui i tanti volontari e le psicologhe dell’Associazione sono rimasti accanto a 270 famiglie riempiendo il “tempo in attesa” di questo momento di isolamento sociale con tutto quello che era possibile usare per rimanere in contatto: telefonate, videochiamate, messaggi e testi in grado di dare speranza.
Perché di questa ricchezza possano continuare a godere le persone con demenza, dovremmo lavorare tutti insieme per realizzare una “Comunità Amichevole” (in inglese, Dementia Friendly Community) che dia concretezza all’intenzione di rispettare la dignità delle persone. A questo scopo come associazione auspichiamo un protocollo d’intesa tra Pubblica Amministrazione, privati e Terzo Settore in cui si ascoltino e si dia voce alle persone con demenza e ai loro familiari.
Solo insieme possiamo costruire le basi perché se ne realizzino le condizioni: perché i parchi possano essere resi più fruibili e in sicurezza, per esempio attraverso i giardini Alzheimer; perché aumentino le alternative alle Case Protette attraverso le esperienze di Co-housing o di portierato sociale; perché tenendo conto dei principi di “città senza barriere” si realizzi una migliore fruibilità delle strade, dei marciapiedi, degli edifici e degli alloggi magari con “badante di condomino”; perché si concretizzi una diffusione di informazioni e di conoscenze intorno alla malattia che renda tutti (dagli autisti degli autobus agli esercenti dei negozi, alle Forze dell’Ordine o ai referenti della Protezione Civile) più capaci di aiutare ed includere anche le persone con demenza che potrebbero non avere più le parole per chiedere aiuto.
È evidente come i valori che abbiamo richiamato, quali il rispetto e la valorizzazione dell’identità e della dignità, la tutela e la protezione delle persone e della salute dovrebbero essere il punto di riferimento di una realtà cittadina che voglia basarsi sulla partecipazione e la coesione sociale.
A nome di AIMA Reggio Emilia ODV,
la presidente Simonetta Cavalieri